Nido: camminando con i grandi di cuore

Oltre che i fantastici caratterini dei bimbi dell’asilo Arti e Natura, di quelli della Sìssepò tutta, dei vari spiriti indomiti che popolano la Community School, ho avuto in questi giorni la fortuna di incontrare un altro piccolo popolo, quello che ancora non ha toccato i 3 anni.

Ancora una volta, mi sono ritrovata in un mondo completamente nuovo. Credo che la prima cosa irrinunciabile, quando si arriva da esterni in tali piccoli universi costituiti, sia osservare.
Avvicinarsi a bimbi così piccoli significa rendersi conto che gli ordini di priorità, le leggi non scritte che regolano l’andamento dell’ambiente, seguono principi tutti loro; questi a noi ignari pellegrini possono in bella parte sfuggire.

Alle 8:00 di mattina all’ingresso ad accogliere oltre il buon Paolo ed un’altra educatrice ci son già i primi 3-4 piccoli visi, ancora più mattutini di me, già impegnati con un loro desiderio tutto particolare o con una loro protesta imbronciata.
Ci sono gli arrivi e son tutti un toglier di felpe, metter a posto scarpine, stringersi con piccoli grida negli abbracci di madri pronte per il lavoro.

La compagnia si ingrandisce. Guardandosi intorno ci si accorge che la quiete di un quarto d’ora prima si è trasformata nell’operoso ronzare di tante piccole api, che si muovono ora tristi ora allegre nella stanza, tutto un rincorrersi, un arrestarsi, nascondersi, scalare fra i vari mobili, cuscini, giocattoli di legno, bambole di pezza.

Seduta per terra, gambe incrociate, dedita a qualche bimbo o bimba che rotolandomi vicino aveva reso manifesto il suo bisogno di un abbraccio in più, mi son sentita più vicina ad una buona prospettiva. A star fermi in mezzo a tanti bambini ci si sente come un piccolo scoglio in un mare mosso, con qualche gabbiano che arriva a posarsi ogni tanto per poi volar via.

Bene, dal mio piccolo scoglio di osservatrice mi tenevo impegnata a tener d’occhio due mondi, quello di fuori, più tumultuoso, dove poteva rendersi necessario da un momento all’altro un intervento e quello di dentro dove, proprio per poter esser più aperta a quanto accadeva all’esterno, cercavo di preservare il mio placido lago, per meglio esser predisposta all’accoglienza.

Ciò che incanta il mio sguardo ancora novello è la maestria di chi, con pochi gesti, con un pupazzo di pezza o una semplice canzoncina riesce a chiamare a se parte di quel caos e vedi allora gli sguardi attenti, i piedi raccolti vicini e i bimbi che sorridono divertiti, rapiti da chissà quale incantesimo.

Il nido è anche un posto difficile. L’attenzione deve essere completa e costante, i piccoli incidenti posson essere molti, altrettante le piccole e grandi necessità da soddisfare. Oltre a questo, non per tutti i bambini è altettanto semplice ambientarsi. Ad altri capita, come a noi grandi, di avere giornate storte, quelle che forse solo il papà e la mamma avrebbero potuto risollevare. A quel punto continuare a coltivare la calma (in grandi qantità!) diventa strumento importantissimo, perché potrebbe rivelarsi necessario riuscire a tollerare pianti inconsolabili, anche per ore.

Questo riguarda i bimbi di due anni, ma ancor di più, quelli più piccoli, quelli che partono dai pochi mesi. Qui entra ancor più in gioco la fisicità. Entra in gioco il cullarli, cantargli ninne nanne e piccole filastrocche, stringerli a sé. La cosa che tocca di più sono i loro sguardi, i loro abbracci, quando si abbandonano a te, quando si avvicinano e ti mettono le braccia intorno al collo, chiedendo di stare vicini.

nidoTi rendi conto in questi momenti, che davanti a te c’è un’altro essere umano, una vita che conosce la gioia e la tristezza, perché quegli occhi dicono tanto, dicono che sanno, che conoscono la profondità. Il modo in cui sanno però, non riguarda la mente, non sono esseri d’intelletto, ma di puro sentimento.
Per questo li chiamo i grandi di cuore; perché tutto il loro essere è pervaso nel sentire, così i loro gesti ed i loro comportamenti, i loro umori. Oltre a questo, perché quando ti guardano, arrivano dritti al tuo, di cuore.
Allora capisci che avvicinandosi con delicatezza, evitando con cura le spine, quello davanti a cui ti trovi altro non è che un meraviglioro roseto e che, se farai attenzione, quelle lacrime che ogni tanto sgorgano altro non sono che rugiada, all’alba di una nuova vita.

Così, contemplando il nido, giungiamo all’origine di una fiducia nel mondo, riceviamo un assaggio di fiducia, un appello alla fiducia cosmica. Costruirebbe l’uccello il proprio nido se non possedesse l’istinto di fiducia nel mondo? Se comprendiamo tale appello, se facciamo del riparo precario che è il nido – paradossalmente, senz’altro, ma nello slancio stesso dell’immaginazione – un rifugio assoluto, torniamo alle sorgenti della casa onirica. La nostra casa, assunta nel suo potere onirico, è un nido nel mondo. (…) il nido, così come la casa onirica e la casa onirica così come il nido, non conoscono l’ostilità del mondo – se ci troviamo davvero all’origine dei nostri sogni. (…) Nel suo germe, la vita, ogni vita è benessere, l’essere comincia col benessere.”
G. Bachelard, La poetica dello spazio

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